IL TRIBUNALE Ha pronunciato la seguente ordinanza, nel procedimento n. 30/1999 R.G.T. nei confronti di Canepi Paolo, sulle richieste avanzate dalle parti all'udienza del 4 ottobre 2000, osserva quanto segue. I n f a t t o Il Pubblico Ministero all'esito dell'escussione ex art. 210 c.p.p. di Cavallini Massimiliano, nel quale lo stesso si avvaleva della facolta' di non rispondere, presupponendo l'impossibilita' di acquisire per le contestazioni al fascicolo del dibattimento le dichiarazioni rese dal medesimo in sede di indagine preliminare, formulava eccezione di legittimita' costituzionale dell'art. 513 c.p.p. Il difensore si dichiarava remissivo sul punto ed a sua volta eccepiva, ma solo come subordinata all'accoglimento della eccezione formulata dal pubblico ministero, la illegittimita' costituzionale della legge n. 35 del 25 febbraio 2000 che ha convertito il decreto legge n. 2 del 7 gennaio 2000 - recante disposizioni urgenti per l'attuazione dell'art. 2 della legge costituzionale 23 novembre 1999, n. 2 - con riferimento al novellato art. 111 Costituzione. I n d i r i t t o 1. - E' in discussione nel presente processo l'applicazione dell'art. 513 c.p.p. in relazione alla nuova disciplina di cui alla legge n. 35/2000 di conversione del decreto legge n. 2/2000, normativa che trae origine dalle nuove disposizioni costituzionali sul c.d. "giusto processo". Il costituente, come noto, nel prevedere regole volte a garantire un processo che si svolga in condizioni di effettiva parita' tra accusa e difesa e al fine precipuo di evitare che affermazioni di responsabilita' penale possano derivare da processi nei quali il contraddittorio e' concretamente impedito dalla impossibilita' per l'imputato di controinterrogare il proprio accusatore, ha stabilito che la "colpevolezza dell'imputato non puo' essere provata sulla base di dichiarazioni rese da chi, per libera scelta, si e' sempre volontariamente sottratto all'interrogatorio da parte dell'imputato o del suo difensore" (art. 1 legge costituzionale n. 2 del 23 novembre 1999, introduttiva del nuovo testo dell'art. 111 Costituzione). 2) Per quanto riguarda l'art. 513 c.p.p. la questione muove dalla ipotesi che questo Collegio si trovi a dover limitare l'utilizzabilita' delle dichiarazioni rese in istruttoria preliminare a quelle gia' acquisite al fascicolo del dibattimento. Se mal non si interpreta infatti il quadro normativo di riferimento, la disposizione contenuta nella succitata norma processuale (art. 513 c.p.p.) - per come risultante dalla interpretazione dettata dalla Corte costituzionale nella nota pronuncia n. 361 del 2 novembre 1998 (che ha dichiarato tra le altre l'incostituzionalita' del secondo comma nella parte in cui non prevede che qualora il dichiarante rifiuti o comunque ometta in tutto o in parte di rispondere sui fatti concernenti la responsabilita' di altri, gia' oggetto delle sue precedenti dichiarazioni, in mancanza dell'accordo delle parti, alla lettura si applica l'articolo 500 commi 2-bis e 4 c.p.p.) - e' tuttora vigente nell'ordinamento; pertanto, nulla sembra vietare in linea di principio che anche per il futuro possano e debbano (sussistendone i presupposti) acquisirsi le dichiarazioni di imputati in procedimenti connessi che rifiutino di sottoporsi all'esame. Una tale evenienza processuale appare tuttavia in evidente contrasto con le nuove disposizioni (di cui alla legge di conversione n. 35/2000), le quali vietano l'utilizzabilita' previa acquisizione, posto l'evidente rapporto di interdipendenza funzionale fra le due attivita'. Si profila pertanto come anticipato un primo dubbio di costituzionalita' concernente la incompatibilita' sopravvenuta del vigente articolo 513 c.p.p. con le disposizioni di cui alla legge n. 35 del 25 febbraio 2000 (legge, quest'ultima, che potrebbe reputarsi in qualche modo "prevalente" rispetto alla prima norma in quanto direttamente applicativa del precetto di cui all'art. 111 Costituzione). 3. - La questione sopra esposta non esaurisce la materia da sottoporre al vaglio della Corte costituzionale, atteso che il difensore ha posto in discussione anche la normativa per cosi' dire transitoria e del resto questo stesso tribunale di recente ha formulato al riguardo altra ordinanza in data 17 marzo 2000 nell'ambito del procedimento 64/1997 R. Dib. a carico di Campanile + 23. Il legislatore costituente si e' infatti posto il problema della applicazione dei nuovi princi'pi ai procedimenti penali in corso alla data di entrata di vigore della nuova disciplina, tanto che l'art. 2 della citata legge costituzionale ne ha delegato la regolazione alla legge ordinaria. Il governo, ritenuta l'urgenza, ha emanato il citato decreto legge (n. 2/2000), secondo il quale fino alla data dell'entrata in vigore della legge che ne disciplina l'attuazione nel processo penale, i princi'pi introdotti nel novellato articolo 111 della Costituzione dovevano trovare applicazione nei procedimenti penali in corso alla data di entrata in vigore della legge costituzionale nei quali non fosse ancora avvenuta la dichiarazione di apertura del dibattimento; per quelli a dibattimento gia' aperto valeva invece il principio secondo il quale la colpevolezza dell'imputato non poteva essere provata "esclusivamente" sulla base delle dichiarazioni rese da chi per libera scelta si sottraeva all'esame in dibattimento. Il testo legislativo derivante dalla conversione in legge del decreto citato stravolge radicalmente il principio statuito in via d'urgenza, in quanto, affermando l'applicazione dei nuovi princi'pi costituzionali per tutti i processi indistintamente e dunque prescindendo da ogni distinzione tra processi a dibattimento gia' aperto o meno, limita per i processi gia' in corso l'utilizzabilita' probatoria (e dunque il possibile connesso giudizio di colpevolezza) alle dichiarazioni gia' presenti - in quanto gia' in precedenza acquisite - al fascicolo del dibattimento. Questa sembra essere - secondo l'opinione del Collegio - l'unica interpretazione plausibile dell'inciso "se gia' acquisite al fascicolo del dibattimento", nel senso che solo i verbali gia' annessi possono essere utilizzati ai fini probatori, mentre invece vi e' un divieto di utilizzazione - e dunque di previa acquisizione (non rintracciandosi a questo punto alcuna logica processuale in una eventuale acquisizione di atti insuscettibili di valutazione e utilizzazione da parte del giudice) di quelli che alla data di entrata in vigore della legge di conversione non hanno ancora trovato ingresso nel fascicolo del dibattimento. Una diversa interpretazione - che neghi al periodo in esame il carattere di spartiacque temporale ostativo a future acquisizioni dei verbalide de quibus - appare priva di significato innovativo sia nella logica del sistema che con riguardo all'iter dei lavori parlamentari che hanno condotto alle modifiche descritte: e' infatti di tutta evidenza che il dibattito parlamentare relativo alla regolazione dei princi'pi del giusto processo sui procedimenti in corso si e' insistentemente soffermato sulla necessita' di individuare uno spartiacque temporale che consentisse di ribadire, pur con i dovuti accorgimenti, l'utilizzabilita' delle dichiarazioni rilasciate in sede di indagine da chi si sottrae legittimamente ma volontariamente all'esame, in ossequio all'esigenza di contemperare in maniera ragionevole i diritti di difesa con il principio di conservazione (non dispersione) del materiale probatorio. A dimostrazione dell'assunto sta il testo del decreto originario sopra riportato (che limitava l'utilizzazione, con il correttivo della non esclusivita', ai dibattimenti gia' aperti); ancora successivamente, nella fase di conversione, veniva introdotto un emendamento (approvato dalla commissione giustizia della Camera in data 27 gennaio 2000), che addirittura arretrava la soglia di utilizzabilita' probatoria dei verbali ai processi per i quali era gia' stata esercitata l'azione penale. 4. - Cio' premesso, ritiene questo collegio che non possa escludersi che la legge di conversione confligga sotto un duplice profilo con gli articoli 3 e 24 della Costituzione. Per un primo aspetto, infatti, contrasta con il principio di uguaglianza direttamente sancito dall'art. 3 della Costituzione e con quello di ragionevolezza dei provvedimenti legislativi comunque desumibile sul piano interpretativo dalla norma costituzionale appena richiamata, nonche' con il diritto inviolabile alla difesa statuito dal secondo comma dell'art. 24, la stessa previsione contemplata prima nel decreto legge e poi nella legge di conversione di un regime che diversifichi l'utilizzazione probatoria (e la preventiva acquisizione) dei verbali di interrogatorio resi durante le indagini preliminari da imputati in procedimenti connessi, affermandone l'ammissibilita' per i procedimenti in corso e negandola al contrario per quelli a venire. Le perplessita' sono evidentemente motivate dalla possibile illegittimita' costituzionale di una disparita' di trattamento delle posizioni degli imputati per il solo effetto di un dato processual-temporale quale quello costituito dalla pendenza del procedimento penale. E' ben vero che la previsione traduce normativamente quella che sembra essere stata - come in precedenza ricordato - la principale finalita' ispiratrice dei lavori parlamentari; cosi' come e' altrettanto indiscutibile che sia la stessa legge costituzionale (n. 2 del 23 novembre 1999) a prevedere una "regolazione" dei princi'pi del giusto processo sui procedimenti in corso. Resta tuttavia da dimostrare - ed in tal senso il collegio sottopone la questione al vaglio del giudice delle leggi - in primis che la "regolazione" voluta dal legislatore possa legittimamente tradursi in una demarcazione temporale dell'applicazione dei principi costituzionali e che - ove realmente l'espressione "regolazione" possa e debba essere intesa in tale accezione - tale interpretazione, ancorche' dettata dall'art. 2 della legge costituzionale non confligga comunque con il princi'pio di uguaglianza di tutti i cittadini innanzi alla legge, principio che nel sistema dei valori costituzionali gode evidentemente di rango e forza prevalente su quello di cui e' espressione la norma costituzionale citata (art. 2 legge costituzionale). Il sospetto di illegittimita' esce poi ulteriormente rafforzato con riguardo alla previsione - quest'ultima contenuta nella sola legge di conversione - di un discrimine nemmeno ancorato a possibili scansioni processuali in una qualche misura coerentemente inserite nel sistema (quali appunto la apertura del dibattimento o ancor prima l'avvenuto esercizio dell'azione penale), ma legato ad un accadimento processuale del tutto casuale e discrezionale nei tempi, quale e' l'acquisizione dei verbali di interrogatorio resi nelle indagini preliminari da chi si e' poi sottratto all'esame in dibattimento: e cio' in quanto tale acquisizione non puo' che avvenire solo e nel momento in cui si esplica concretamente l'esame della persona e questa dichiari - nell'esercizio delle proprie facolta' difensive - di avvalersi della facolta' di non rispondere. Lo spartiacque temporale individuato dalla norma, dunque, appare del tutto aleatorio, legato a dinamiche dibattimentali ognuna diversa dall'altra: nel processo che occupa, ad esempio, non e' stata compiuta l'escussione del Cavallini, con eventuali contestazioni ed acquisizione al fascicolo del dibattimento delle dichiarazioni rese dal medesimo in sede di indagine preliminare, per il solo fatto della sua ingiustificata assenza e detta escussione si e' resa possibile solo all'odierna udienza a seguito di accompagnamento. Non ignora il tribunale che l'introduzione di modifiche costituzionali di tale portata pone evidenti problemi di coordinamento con riferimento ai processi in corso. La ricordata esigenza di contemperare l'applicazione dei nuovi princi'pi con la necessita' di salvaguardare le attivita' gia' compiute - stante la scelta del legislatore di non intervenire (quanto meno allo stato del diritto vigente) sulla disciplina del cd. "diritto al silenzio", quanto piuttosto di diversificare le posizioni di chi si trova ad essere sottoposto a procedimento penale - presta il fianco a dubbi di costituzionalita' allorche' si traduce normativamente nella previsione di un'applicazione dei nuovi princi'pi legata ad un evento temporale puramente accidentale, privo cioe' di una valenza autonoma giustificativa della dicotomia. 5. - La rilevanza della decisione nel caso di specie, qualunque sia la decisione e l'ambito della stessa, e' di tutta evidenza, atteso che le dichiarazioni del Cavallini, quali si possono ipotizzare sulla scorta dell'imputazione, ove lo stesso e' indicato come l'acquirente della sostanza stupefacente il cui spaccio e' attribuito all'imputato, possono certamente costituire una fonte di prova di rilievo, ovviamente da vagliare unitamente alle altre risultanze processuali. 6. - Le questioni sopra evidenziate sono poi sicuramente da ritenere non manifestamente infondate, posto che in relazione ad altri procedimenti penali sono state gia', ed ormai piu' volte, poste all'attenzione della Corte costituzionale. 7. - Su tali premesse, il tribunale ritiene la rilevanza e la non manifesta infondatezza della questione di costituzionalita' dell'art. 513 c.p.p. per conflitto con l'art. 111 della Costituzione, del quale la legge n. 35/2000 costituisce concreta attuazione, nonche' dell'art. 1, comma 2, decreto-legge n. 2 del 7 gennaio 2000, per come modificato dalla legge di conversione n. 35 del 25 febbraio 2000, nella sua totalita' e, in via subordinata, nella parte in cui limita la valutazione delle dichiarazioni rese nel corso delle indagini preliminari da chi, per libera scelta, si e' sempre volontariamente sottratto all'esame dell'imputato o del suo difensore, a quelle gia' acquisite al fascicolo per il dibattimento, per contrasto con gli articoli 3 e 24 della Costituzione.